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Quel filo visibile tra Madre Teresa e la Croce di Gesù. Così una ‘piccola grande donna’ ha sconfitto la morte.

La sofferenza va oggi aumentando nel mondo. La gente ha fame di qualcosa di più bello, di qualcosa di più grande di quel che i circostanti possano dare. Oggi nel mondo c’è una grande fame di Dio. C’è tanta sofferenza dappertutto, ma c’è an-che una grande fame di Dio e di amore reciproco.

 

C’è fame del pane ordinario, e c’è fame di amore, di cortesia e di riflessione; e c’è la grande povertà, che fa soffrire tanto la gente. La sofferenza presa in se stessa è niente: ma la sofferenza condivisa con la passione di Cristo è un dono meraviglioso. Il dono più bello che uno possa ricevere è di poter prendere parte alla passione di Cristo. Sì, un dono e un segno del suo amore; perché questo è il modo con cui il Padre ha dimostrato di amare il mondo: mandando il Figlio a morire per noi.

Così in Cristo è stato dimostrato che il dono più grande è l’amore: perché la sof-ferenza è stata il segreto con cui egli ha pagato per il peccato.

Senza di lui non potremmo far nulla. Ed è all’altare che noi incontriamo i nostri poveri sofferenti. Ed è in lui che vedia-mo come la sofferenza può diventare un mezzo per amare di più ed essere più ge-nerosi.

Senza la sofferenza la nostra attività sarebbe un’attività sociale, un’attività molto buona e giovevole, ma non sarebbe l’opera di Gesù Cristo e parte della redenzione. Gesù ha voluto soccorrerci con- dividendo la nostra vita, la nostra solitudine, la nostra agonia, la nostra morte e ci ha redenti solo unendosi strettamente a noi. Noi siamo chiamati ad agire allo stesso modo; dobbiamo redimere tutta la desolazione dei poveri: non soltanto la loro povertà materiale, bensì anche la loro miseria spirituale. E dobbiamo condivider-la, perché solo unendoci strettamente a loro possiamo redimerli, portando Dio nella loro vita e portando loro a Dio.

La sofferenza, quando è accettata insieme e portata insieme, diventa gioia. Tra i nostri collaboratori abbiamo de-gli ammalati e degli handicappati, che molto spesso non possono svolgere alcu-na attività. Così essi adottano una Sorella o un Fratello e offrono tutte le loro sofferenze e tutte le loro preghiere per quel Fratello o quella Sorella, che a loro volta coinvolgono pienamente il collaboratore ammalato in tutto ciò che essi fan-no. I due diventano come una sola persona e si chiamano l’un l’altro il loro se-condo se stesso. Io ho una seconda me stessa di tal genere in Belgio, e quando sono stata ultimamente là, lei mi ha detto: «Son sicura che avrai molto da fare, molto da camminare, lavorare e parla-re. Lo so dal dolore che provo alla spina dorsale e dalla operazione molto dolorosa che ho dovuto subire poco tempo fa». Si trattava della diciassettesima operazione, e tutte le volte che ho qualcosa di speciale da compiere, è lei che mi sta dietro e che mi dà la forza e il coraggio necessari a fare quel che devo fare per compiere la volontà di Dio. è questa la ragione che mi rende capace di fare quel che sto facendo: la mia seconda me stessa compie per me la parte indubbiamente più difficile dell’opera.

Mie care sorelle e miei cari fratelli sofferenti, siate certi che ognuno di noi fa leva sul vostro amore davanti al trono di Dio, e là ogni giorno noi vi offriamo, o meglio ci offriamo a vicenda a Cristo per le anime. Quanto grate dobbiamo essere noi Missionarie della Carità: voi perché soffrite e noi perché lavoriamo. Completiamo a vicenda quel che manca nella nostra relazione con Cristo. La vostra vita di sacrificio è il calice, o piuttosto i nostri voti sono il calice e la vostra sofferenza e la nostra attività sono il vino, il cuore immacolato. Stiamo insieme in piedi sostenendo il medesimo calice e siamo così in grado di placare la sua ardente sete di anime.

 




Trovo il lavoro molto più facile e riesco a sorridere più sinceramente quando penso a ognuno dei miei fratelli e delle mie sorelle sofferenti. Gesù ha bisogno di voi per continuare a versare nella lampada della nostra vita l’olio del vostro amore e del vostro sacrificio. Voi state veramente rivivendo la passione di Cristo. Contusi, sezionati, pieni di dolori e di ferite come siete, accettate Gesù così come egli viene nella vostra vita.

Se qualche volta la nostra povera gente è morta di fame, ciò non è avvenuto perché Dio non si è preso cura di loro, ma perché voi ed io non abbiamo dato, per-ché non siamo stati uno strumento di amore nelle sue mani per far giungere loro il pane e il vestito necessario, perché non abbiamo riconosciuto Cristo quand’e gli è venuto, ancora una volta, misera-mente travestito nei panni dell’uomo affamato, dell’uomo solo, del bambino senza casa e alla ricerca di un tetto. Dio ha identificato se stesso con l’affamato, l’infermo, l’ignudo, il senza tetto; fame non solo di pane, ma anche di amo-re, di cure, di considerazione da parte di qualcuno; nudità non solo di abiti, ma anche di quella compassione che veramente pochi sentono per l’individuo anonimo; mancanza di tetto non solo per il fatto di non possedere un riparo di pietra, bensì per non aver nessuno da poter chiamare proprio caro.

 

Chi è Gesù per me
Il Verbo fatto carne.
Il pane di vita.
La vittima che si offre sulla croce per i nostri peccati.
Il sacrificio offerto nella santa messa
per i peccati del mondo e miei personali.
La parola che devo dire.
Il cammino che devo seguire.
La luce che devo accendere.
La vita che devo vivere.
L’amore che deve essere amato.
La gioia che dobbiamo condividere.
Il sacrificio che dobbiamo offrire.
La pace che dobbiamo seminare.
Il pane di vita che dobbiamo mangiare.
L’affamato che dobbiamo sfamare.
L’assetato che dobbiamo dissetare.
Il nudo che dobbiamo vestire.
Il senzatetto al quale dobbiamo offrire riparo.
Il solitario al quale dobbiamo far compagnia.
L’inatteso che dobbiamo accogliere.
Il lebbroso le cui ferite dobbiamo lavare.
Il mendicante che dobbiamo soccorrere.
L’alcolizzato che dobbiamo ascoltare.
Il disabile che dobbiamo aiutare.
Il neonato che dobbiamo accogliere.
Il cieco che dobbiamo guidare.
Il muto a cui dobbiamo prestare la nostra voce.
Lo storpio che dobbiamo aiutare a camminare.
La prostituta che dobbiamo allontanare dal pericolo
e colmare della nostra amicizia.
Il detenuto che dobbiamo visitare.
L’anziano che dobbiamo servire.
Gesù è il mio Dio.
Gesù è il mio sposo.
Gesù è la mia vita.
Gesù è il mio unico amore.
Gesù è tutto per me.
Gesù, per me, è l’unico.




Redazione Papaboys

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