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Un uomo esigente con se stesso nella disciplina del donarsi

La prima favelas visitata da ‪#‎PapaFrancesco‬: è stato in Brasile, anno 2013, durante i giorni della Gmg. Noi avevamo scritto questo… 🙂

Il bambino che stringe Papa Francesco ha trovato un nuovo papà, un nuovo amico, una guida, un punto certo. Ogni parola non descriverebbe meglio la visita del Papa nella favelas di Rio.

FAVELAS

Dopo una breve cerimonia nella parrocchia locale, Jorge Mario Bergoglio, scortato da gendarmi vaticani e poliziotti brasiliani, ha fatto una passeggiata tra la popolazione. Coperto a stento dalla pioggia da un ombrello bianco portato da un suo assistente, il Papa si è soffermato a lungo per salutare le persone dietro le transenne, baciare bambini, accarezzare e chiacchierare con i fedeli, prestarsi a una foto o ricevere in regalo bambole, sciarpe (gli è stato porto anche il vessillo della sua squadra di calcio, il san Lorenzo Almagro di Buenos Aires), fiori. Infine il Papa, come previsto dal programma, si è fermato in una umile casa della favela dove abita una coppia che è stata preavvertita della visita poche ore prima.

Alla fine, tutti insieme, hanno recitato la preghiera del Padre Nostro e dell’Ave Maria. Quindi è giunto al campo di calcio accolto dall’entusiasmo della folla: qui una coppia di coniugi ha rivolto il suo saluto al Papa. Il Papa ha iniziato il suo discorso con una esclamazione: “È bello poter essere qui con voi! Che bello! Fin dall’inizio, nel programmare la visita in Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa Nazione. Avrei voluto bussare a ogni porta, dire “buongiorno”, chiedere un bicchiere di acqua fresca, prendere un “cafezinho”, non un bicchiere di cachaça … parlare come ad amici di casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei nonni… Ma il Brasile è così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte! Allora ho scelto di venire qui, di fare visita alla vostra Comunità” che “oggi rappresenta tutti i rioni del Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con gioia! Basta vedere come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un segno di affetto, nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa! Grazie tante a ognuno di voi per la bella accoglienza! Ringrazio gli sposi Rangler e Joana per le calorose parole”.

“Fin dal primo momento in cui ho toccato la terra brasiliana e anche qui in mezzo a noi – ha proseguito – mi sento accolto. Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei – un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo – non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene che quando qualcuno che ha bisogno di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate sempre un modo di condividere il cibo; come dice il proverbio, si può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”! Si può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”? Sempre! E voi lo fate con amore, mostrando che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nel cuore!”. “E il popolo brasiliano – ha osservato – in particolare le persone più semplici, può offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola, la solidarietà, spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda. Quasi sembra una parolaccia: solidarietà. “Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è, non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, non è, ma la cultura della solidarietà, la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello … e tutti noi siamo fratelli”.
Papa Francesco ha quindi incoraggiato “gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. Non lasciamo, non lasciamo entrare nel cuore la cultura dello scarto! Non lasciamo entrare nel cuore la cultura dello scarto, perché noi siamo fratelli, nessuno di noi può essere scartato! Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei pani di Gesù. La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!”. Ha quindi detto anche che la Chiesa, “’avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo’ (Documento di Aparecida, 395), la Chiesa desidera offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Cari amici, certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. Fame di dignità. Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l’equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano”.

Poi ha aggiunto un’ultima cosa: “Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare.

 

Cercate voi per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo col bene. La Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è «venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10)”.

Il Papa ha così concluso: “Oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità di Varginha dico: non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno di voi nel mio cuore e faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti per le gioie, le richieste di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione nei momenti di dolore e di sofferenza. Tutto affido all’intercessione di Nostra Signora di Aparecida, Madre di tutti i poveri del Brasile, e con grande affetto vi imparto la mia Benedizione”.
di Redazione Papaboys / Radio VATICANA

Al termine del discorso, un gruppo di bambini ha offerto dei doni al Papa che ha concluso la sua visita alla favela con la benedizione, in mezzo agli applausi e all’entusiasmo incontenibile della comunità di Varginha.

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