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Quando il teologo Ratzinger disse: Il Santo Rosario è la culla dell’anima

Il noto teologo Card. JOSEPH RATZINGER – prefetto per la Congregazione per la dottrina della fede – intervistato sulle diverse realtà della nostra fede, racconta il suo rapporto personale con la preghiera del rosario sottolineando come quest’espressione della “pietà popolare” sia fondamentale per l’anima che da essa attinge serenità e pace.

L’origine storica del rosario risale al Medio Evo. Era un tempo in cui i Salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i Salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un Salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati uno dopo l’altro, come grani di una collana. Queste preghiere toccano la corda della meditazione; il ritmo ripetitivo culla l’anima e le trasmette serenità, mentre il concentrarsi sulla parola di e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

In effetti il rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la ripetizione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità. Non è così importante seguire con razionale concentrazione ogni singola parola, ma al contrario lasciarsi cullare dalla calma che induce la ripetizione, l’uniformità del ritmo. Tanto più che questa parola non è vuota di contenuto, propone ai nostri occhi e alla nostra anima grandi immagini e visioni, innanzitutto, la figura di Maria e attraverso di lei anche la figura di Cristo. Coloro che recitavano il rosario avevano duramente lavorato tutto il giorno.

Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali.






Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. L’esperienza della ripetizione, del ritmo, della parola collettiva e della coralità personalmente mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera. Questa esperienza arcaica è stata assunta pienamente dal cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera.

Fonte: Eco di Maria nr.162

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