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‘Si può viaggiare anche senza muovere le gambe. Arriverò fino alla fine (con la benedizione di Papa Francesco)’

Si può viaggiare in molti modi e in tanti modi scoprire il mondo e se stessi. Si può camminare anche senza muovere le gambe, salire a bordo di un monovolume attrezzato e mettersi in marcia lungo il cammino di Santiago de Compostela.

Si può, ma non è da tutti. È la storia piena di coraggio di chi, come Paolo Berro, quarant’anni e tetraplegico, è partito da Castelfranco Veneto per raggiungere il confine tra Francia e Spagna e dare vita al progetto “La gente del cammino”. Cinquemila chilometri in auto insieme a quattro amici e poi 350 a piedi, fino all’ultimo metro. Quindici giorni per vivere un sogno durato mezza vita. E il tempo che serve per raccogliere fondi e acquistare un camper che regalerà la stessa opportunità a tanti altri disabili.

“Avevo 21 anni quando ho subito l’incidente che mi ha lasciato in carrozzina. L’idea del cammino di Santiago c’era già allora. Ma il sentiero era impervio, i tempi erano diversi”, spiega Paolo ad HuffPost a poche ore dalla partenza. Per trasformare il sogno in mappe, sponsor e crowdfunding ci è voluto del tempo. Ed è servita anche la disponibilità di Alessandro, Johnny, Simone e Vanio che lo spingeranno nel tratto a piedi.

“Con i compagni ho definito il percorso, dividendo il viaggio in due tappe e considerando i problemi di suolo e le barriere architettoniche”, racconta Berro. Una difficoltà in particolare, quella di trovare alloggi adeguati per la notte. “Io non ho problemi a trovarmi in mezzo alla gente – dice Paolo – ma ho esigenze in più e servivano strutture di un certo tipo, diverse dai classici ostelli. Trovarle non è stato facile e purtroppo il costo si è rivelato significativo”.

LA GENTE DEL CAMMINO

Diversi gli sponsor che hanno sostenuto l’iniziativa, dalle aziende del territorio ad alcuni personaggi famosi. Fino al Papa che, a pochi giorni dalla partenza, ha inviato a Paolo la propria benedizione. “Avevo scritto a Papa Francesco circa un mese fa – dice Berro – ma non mi aspettavo certo una risposta. E invece è arrivata in un biglietto che mi ha lasciato stupefatto”.

Lo stupore è anche nell’ascoltare la determinazione di un uomo che l’incidente ha fermato senza fermarlo mai. E ora l’ultima partenza, dal Veneto a Saint-Jean-Pied-de-Port, per poi muovere verso Pamplona e di lì fino a Santiago de Compostela e Finisterre. Circa 25 chilometri al giorno, da percorrere con un impegno aggiuntivo. “Intervisteremo i pellegrini, produrremo un documentario e scriveremo un libro – spiega Paolo – per raccontare le emozioni e i motivi di questo viaggio e descrivere come cambia la percezione del cammino man mano che si procede e quando si arriva alla fine”.



Perché alla fine si arriva, Paolo non ne dubita. E le intenzioni, le idee, i progetti nel progetto li descrive con un entusiasmo senza esitazioni, una voce che pare sorridere. “Amo scoprire posti nuovi e sono stato educato alla scoperta del mondo. La vera difficoltà, oggi, è incastrare le mie esigenze con gli impegni degli amici, che lavorano e hanno famiglia”. Difficile, però, è stata anche l’organizzazione. E non solo nella ricerca degli alloggi: serviva un mezzo di trasporto che potesse accompagnare il gruppo.

“Avevo trovato un camper a noleggio, ma una volta presi accordi con l’azienda ho scoperto che chi affitta questo tipo di veicoli non rende possibile al disabile viaggiare seduto sulla carrozzina e ancorato al pavimento. Un dettaglio importante – prosegue Berro – che mi avrebbe reso parecchio scomodo il viaggio: avrei dovuto essere sollevato ogni volta da qualcuno e ogni volta posizionato sul sedile”. Così, Paolo ha cercato un rimedio tutto suo. “Ho rimesso in funzione il mio monovolume che, nel 2001, avevo modificato per viaggiare al meglio”. Un sistema del tutto diverso, brevettato proprio da lui, in grado di far scivolare la carrozzina su due binari e di assicurare la comodità, al di là della disabilità.

Un’invenzione che non è affatto un caso, nella vita di Paolo. Come non è un caso il brevetto, solo uno dei tanti per una mente che non si è mai fermata e per un uomo che è diventato quel che voleva: prima ingegnere, poi anche Cavaliere al merito per l’impegno nel sociale. “Dopo l’incidente – racconta Berro – ho subito ritrovato la voglia di studiare. Ma Padova non offriva quel che serviva a un disabile come me”.

Paolo ha scoperto allora un progetto-pilota del Politecnico di Torino. Non solo ha cominciato a studiare a distanza, con lezioni in videoconferenza, ma ha ottenuto una borsa di studio, si è laureato, ha cominciato a lavorare. “Ho anche depositato alcuni brevetti e ora sto lavorando all’ultimo”, afferma. “Ho predisposto un sistema universale in grado di far sedere in aereo con comodità 50 milioni di persone disabili”.

Lo studio che diventa strumento per superare le difficoltà quotidiane, il lavoro messo disposizione di chi ne ha bisogno, la tecnologia amica e indispensabile. Come nella costruzione della casa in cui vivere, una “smart home” basata sui comandi vocali e sul sogno di un’autonomia possibile. “Bisogna sempre andare avanti – dice Paolo tagliando corto – e poi ho avuto la fortuna di avere accanto una famiglia che ha fatto di tutto”. Ma tutto lo ha fatto anche lui, dall’ostinazione per la laurea al lavoro, dalla fondazione attiva nel sociale a una curiosità rimasta intatta. Fino a un viaggio che, senza muovere le gambe, sembrerebbe impraticabile e folle, impossibile. Ma non per lui. “Io le cose le vivo sempre nel momento e no, non ho paura”.






Il ricordo di un altro tempo, di un’altra vita, c’è ancora. “C’erano i campeggi estivi con gli amici, le settimane bianche. Certo che c’erano, ho sempre amato andare in giro”, dice. Ma la storia è quello ed è questo insieme. È nelle ruote impazzite di un’auto in corsa e in quelle che ora lo accompagnano, su una carrozzina. È anche nelle ruote che lo spingono fino alla Spagna.

Non si può evitare tutto, ma si può scegliere di non fermarsi mai. Partire da casa e arrivare a Cabo Fisterra, alla Galizia, all’oceano, a un luogo che vuol dire “confine della terra”. Forse Paolo ha calcolato anche questo. Un po’ perché i confini li supera tutti, un po’ perché, in fondo, è ingegnere.




Fonte www.huffingtonpost.it

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