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San Pio e San Leopoldo ci indicano la via di misericordia della Confessione

“Noi oggi camminiamo sulla strada dove ci hanno preceduto tanti santi e questo fatto deve darci tanto coraggio”. Così il card. Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, nel corso della sua omelia con cui ha accolto, sul sagrato della Basilica, le urne di San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandić, i due “Santi della Misericordia”.

San Pio e San Leopoldo (1)

È un fiume umano, quello che oggi ha camminato insieme alle urne dei due patroni del Giubileo, accompagnandole nell’itinerario dalla chiesa di San Salvatore in Lauro fino a San Pietro. Un fiume umano che è passato sopra il Tevere e che, in questo pomeriggio di venerdì, ha bloccato il centro di Roma, per quello che è uno degli eventi principali del Giubileo.

Il Cardinale ha evocato un anno, il 1887, come una sorta di crocevia di santità. È l’anno in cui a Pietrelcina nacque Francesco Forgione, il futuro Padre Pio, mentre Padre Leopoldo aveva 21 anni. È l’anno in cui San Giovanni Bosco era a Roma e, celebrando la Santa Messa presso la chiesa del Sacro Cuore, si commosse fino alle lacrime. È anche l’anno in cui padre Damiano de Veuster stava per concludere “la sua missione di eroica carità fra i lebbrosi nell’isola di Molokai”. Sempre nel 1887, Therese Martin, la futura Santa Teresa del Bambino Gesù, venne in pellegrinaggio a Roma, presso la tomba di Pietro.

Quest’ultima, poco prima di morire, affermò: “Non posso riposarmi finché ci saranno anime da salvare”, pertanto “passerò il mio Cielo a fare del bene sulla terra”. Parole che – ha sottolineato il porporato – testimoniano che “i santi in Paradiso non possono dormire, ma ci seguono, ci difendono, ci aiutano nel cammino della nostra continua conversione. E ci aspettano nella festa dei santi, nel pieno compimento delle beatitudini”.

Beatitudini che hanno “vissuto pienamente” San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandić, spiega il card. Comastri. Il quale indica il messaggio che i “Santi della Misericordia” rivolgono a noi: “Hanno lasciato passare un fiume di misericordia tra le loro mani, restando anche sedici e più ore nel confessionale”. “Quante volte – ha aggiunto – la mano di San Pio e di San Leopoldo si è alzata per assolvere i peccatori, che ripartivano con un cuore nuovo, libero e puro”.

Di qui l’amara riflessione del card. Comastri: “Purtroppo oggi molti disertano il confessionale, eppure il sacramento del Perdono è un dono di Gesù Risorto, è un bagno nella misericordia che sana le ferite, guarisce da ogni paura e rende felici. Sì, rende felici, perché soltanto il perdono di Dio fa entrare nelle Beatitudini”.

Secondo il porporato, dunque, San Pio e San Leopoldo ci avvertono: “State attenti, molti oggi non capiscono più la gravità del peccato” e “il peccato è male perché taglia la comunione con Dio, che è il proprietario esclusivo della gioia”.

Una testimonianza del valore della confessione l’ha data lo scrittore inglese Gilbert Chesterton, che Comastri cita nella sua omelia. Scrittore che “si convertì alla nostra fede cattolica nel 1922” per potersi confessare in quanto, come affermò lui stesso, “soltanto nella Chiesa cattolica trovo uomini autorizzati da Dio a darmi il perdono, di cui ho tanto bisogno”. Chesterton dichiarò inoltre che dopo la prima confessione il mondo gli si “rovesciò” diventando “dritto”. Del resto – commenta Comastri – “soltanto quando il cuore è in grazia di Dio, vede le cose nella luce vera e giusta. E San Leopoldo e San Pio sapevano bene che accade così”.

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L’invito del Cardinale è dunque a far tesoro del loro messaggio di misericordia. “Questi giorni, benedetti dalla loro presenza tra noi, siano occasione propizia – ha detto – per ritornare al Signore e per ritrovare il fervore della fede e l’entusiasmo missionario che ha caratterizzato tutta la vita di questi due santi che, sulle orme di San Francesco, hanno seguito fedelmente Gesù”.

Rivolgendosi poi alla moltitudine di devoti che ha affollato Piazza San Pietro, ha aggiunto: “Stasera dobbiamo tutti tornare alle nostre case con il cuore più buono, con l’anima più limpida, con la prontezza sincera a perdonare, con la decisione di voler tendere sempre la mano per soccorrere e asciugare le lacrime dei fratelli che incontriamo ogni giorno”.

Ogni giorno che – ha continuato Comastri parafrasando Madre Teresa – “è bello”, perché “possiamo riempirlo di opere buone” e – aggiungeva la missionaria albanese – “quando rendo felice qualcuno anch’io sono più felice”. Di qui l’invito finale dell’arciprete di San Pietro: “Fidiamoci, perché è così”.

Redazione Papaboys (Fonte www.zenit.org/Federico Cenci)

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