Pubblicità
HomeNewsPax et JustitiaLa rinascita islamica

La rinascita islamica

muslim-world    Il fenomeno della “rinascita islamica” (nahda) è stato oggetto di studio e discussioni, anche al di fuori dell’ambito accademico, a partire dalla rivoluzione iraniana del 1979. La riscossa dell’Islam è cominciata quando l’ayatollah Khomeini comprende che i processi di modernizzazione sociale, economica e tecnologica, introdotti in Persia dal regime dello scià, sono destinati a minare l’identità religiosa del popolo. La rivoluzione iraniana del 1979, ha indicato una strada e in ogni paese musulmano ci sono, oggi, uomini e donne che tentano di adeguarsi a questo modello, o di escogitare una scelta, anche migliore, per far ritorno all’Islam vero, originario e autentico del Profeta e dei suoi Compagni.

    La rinascita islamica attribuisce al nome un significato letterale e implica un vero e proprio ritorno alle fonti, dalle quali trae origine la grandezza musulmana. La nahda, tuttavia, non compie quelle rotture necessarie con la tradizione che definiscono la modernità. Non conosce la separazione tra religione e politica, non apprende le nozioni di democrazia nel senso moderno del termine e non accetta la laicità, condizione necessaria della modernità. Inoltre, non afferma una piena libertà religiosa, non comprende l’aspirazione delle donne alla loro emancipazione sociale e in definitiva riduce la modernità all’accettazione passiva del progresso tecnico.

    La rinascita islamica si pone alcuni obiettivi principali, tra cui: la reintroduzione della legge islamica al posto del diritto di stampo occidentale; un più ampio utilizzo del linguaggio e del simbolismo religioso; la diffusione dell’insegnamento islamico; l’adesione ai precetti coranici. Tale rivoluzione prende piede fra quei settori della società islamica in cui è avvertita con forza la necessità di tornare alle idee e alle istituzioni islamiche, quale bussola e motore della modernizzazione.

    Per Samuel P. Huntington la rinascita islamica è cresciuta di pari passo con quella religiosa. Egli afferma:

«I movimenti fondamentalisti sono un fenomeno di alto profilo e possono esercitare un’importante influenza politica. Tuttavia essi sono soltanto le increspature di superficie di una ben più grande e impetuosa ondata religiosa che alla fine del XX secolo sta dando un nuovo volto all’esistenza umana. La rinascita religiosa in atto in tutto il mondo trascende di gran lunga le attività degli estremisti fondamentalisti».

    Per comprendere ciò che è accaduto in passato e avviene oggi nel mondo musulmano, dobbiamo renderci conto dell’universalità e della centralità della religione come fattore principale della vita dei popoli arabi. A differenza di altre grandi religioni del mondo, sin dai tempi del suo fondatore l’Islam è lo Stato. L’identità di religione e Stato è impressa in maniera indelebile nella memoria e nella coscienza dei fedeli, grazie alle sacre scritture, alla comune storia e al vissuto quotidiano. Per i musulmani, la religione ha costituito la base sostanziale e il punto focale dell’identità e della lealtà. Perciò, non deve sorprenderci se la maggior parte dei movimenti politici e sociali della storia musulmana moderna ha attinto a piene mani all’Islam, come forza unificante e motivante.

    Anche se è importante comprendere le particolari condizioni in cui si è evoluto ogni singolo movimento, e il contesto storico islamico più generale in cui ha operato, le manifestazioni attuali della rinascita islamica dovrebbero essere viste come un riflesso di un’antica e ininterrotta dimensione della storia islamica.

    Nonostante le loro differenze e caratteristiche specifiche, i movimenti premoderni di rinascita hanno lasciato un’eredità comune all’Islam moderno sia dal punto di vista ideologico che metodologico. L’elemento comune ai movimenti di rinascita premoderni e moderni è l’attenzione alla condizione indebolita e disorganizzata della comunità islamica, che essi attribuiscono all’allontanarsi dei musulmani dal credo e dalla prassi del vero Islam. I movimenti sia premoderni che moderni prescrivono come cura il ritorno all’Islam. I riformatori premoderni rilevavano anche la necessità della riforma, rifiutando l’accettazione cieca della tradizione, e affermando che la rinascita sociale e morale della società islamica richiede azione e attivismo politico.

   Offrendo una formula di legittimità religiosa in opposizione al laicismo occidentale, un principio di giustizia sociale contro l’ingiustizia economica e un’approvazione religiosa dell’onore e dell’orgoglio militante, l’Islam fornisce un’alternativa politica pratica, un rifugio spirituale sicuro e un’ancora psicologica in un mondo turbolento.

    E’ ragionevole concludere che la rinascita islamica, per la sua concezione e il suo scopo essenziale sia naturale in quanto cerca di dotare i musulmani, rimanendo all’interno della loro tradizione, di risposte adeguate ai problemi sociali, politici ed economici che stanno di fronte alle società musulmane. Non deve sorprendere se i musulmani cercano di riaffermare la loro identità culturale e di raccogliere le forze interne alla loro fede e alla loro tradizione per affrontare le cause della disorganizzazione sociale, della debolezza politica e della frustrazione economica.

 La concezione e lo scopo essenziale della rinascita islamica è, quindi, il diritto all’autodeterminazione; ma il diritto individuale o collettivo all’autodeterminazione è limitato dal diritto all’autodeterminazione di altri individui e collettività. Questo è particolarmente vero nella vita pubblica, in cui è probabile che i diritti opposti all’autodeterminazione entrino in conflitto e richiedano mediazione e adattamento. L’obbligo di rispettare i diritti umani è parte integrante del diritto all’autodeterminazione e costituisce una restrizione perfettamente giustificata alla sovranità nazionale.

    Il diritto all’autodeterminazione è il diritto di uno Stato di affermare e rispettare concretamente i diritti umani di tutto il suo popolo, senza distinzione di razza, genere, lingua o religione; non è dunque il diritto di uno Stato di negare, disconoscere o altrimenti deprimere i diritti umani dei suoi cittadini.  di Severis

images

SCRIVI UNA RISPOSTA

Scrivi il commento
Inserisci il tuo nome