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Le stragi della maldicenza. Nella Chiesa e dintorni vanno a go go. Ha ragione Papa Francesco.

‘Chi detrae all’altrui fama in occulto, è come serpente che morde in silenzio’ (Eccle. X, 11).

Con la sua imprudenza o malignità il maldicente ferisce suo fratello, turba la pace, distrugge la carità, rompe l’unione, scandalizza chi l’ode e dà origine a contese, a litigi, a odi, a rancori, a desideri di vendetta. La lingua del serpente è tripartita, fa quindi tre ferite ad un tempo; così è della lingua del detrattore; con essa ferisce la propria coscienza peccando, lacera la riputazione del prossimo, offende l’orecchio e l’anima di chi l’ascolta. Però il maldicente fa una piaga più profonda che non il serpente, perché la sua morsicatura è più nascosta, più nocevole, più dolorosa. Il serpe non ferisce che il corpo; la maldicenza ferisce la fama, il cuore, l’intelligenza. Mentre morde, il serpe non ferisce se medesimo; il maldicente, al contrario, ferisce se stesso e gli altri.






Il malèdico si può paragonare alla vipera, perché come questa inietta il veleno nella ferita che apre, così quello dà morsicature avvelenate; anzi può dirsi che morde soltanto per ispargere il suo veleno. La sua condotta richiama a mente quella frase del Salmista: «Veleno di aspide si nasconde sotto le loro labbra» (Psalm. CXXXIX, 4). La morsicatura dell’aspide rende il sangue tutto nero, la maldicenza annerisce la riputazione del prossimo.

«Gran male è la maldicenza, scrive il Crisostomo (Homil. in Psalm.C ), demonio turbolento che non lascia un istante in pace l’uomo. Da essa nascono gli odi, si producono i dissensi, s’infiammano le contese, si generano i sospetti. Di un amico essa te ne fa, senza ragionevole motivo, un nemico; mette a soqquadro le famiglie; arma città pacifiche; scioglie i legami della pace che è sì bella; spezza il potente vincolo della carità. Chi si abbandona alla maldicenza diviene schiavo del demonio».

La maldicenza rompe l’amicizia; uccide l’amor fraterno; può rovinare una famiglia, una società, ed anche una nazione, è la nemica mortale dell’ordine.

L’uomo che sparla del suo prossimo è dal Savio paragonato ad una freccia, ad una spada, ad un giavellotto (Prov. XXV, 18). S. Bernardo dice: «La lingua malèdica non è forse una vipera? Sì certo, e crudelissima, perché attossica di un fiato tre persone (quella che sparla, quella di cui si sparla, quella che ascolta). Una tal lingua non è forse una lancia? Sì, e quanto acuta! poiché ferisce di un colpo tre persone. La loro lingua è spada affilata, dice il profeta. E spada a due tagli, o piuttosto a tre, e troppo più funesta che non la lancia con cui fu trapassato il costato a Gesù crocefisso.

Leggerissima cosa è una parola perché vola rapidissima, ma alle volte ferisce assai gravemente, passa come lampo, ma brucia e scoscende come fulmine; penetra facilmente nell’anima, ma difficilissimamente ne esce» (De triplic. custodia). Il maldicente è, dal medesimo santo, paragonato ad un lebbroso, ad un appestato che comunica il suo male a chi lo accosta. La morte dell’uomo, in quanto è un essere corporale, comincia con la lingua e si estende poco per volta al cuore; la morte dell’uomo, in quanto è un essere morale, comincia anche molte volte dalla lingua, cioè dalle parole e infetta passo passo la volontà ed il cuore. Il malèdico e chi gli porge volentieri orecchio, portano ambedue il demonio nel loro seno (Serm. de Detract.).






«Dire male del prossimo, scrive Cicerone, è più contro natura, che la morte, che il dolore, che qualunque disgrazia possa accadere nel corpo o nella fortuna; perché la maldicenza toglie la concordia e rende impossibile il vivere sociale (De Offic)». «Chi bistratta un amico assente, dice Orazio, chi può fingere ed inventare quello che non vide e non può tenere in sé quello che gli fu confidato, costui è un cattivo cittadino da cui tu, o romano, tieniti guardato».

Il maldicente vi scopre i segreti degli altri, ma tradirà anche i vostri e abuserà della vostra confidenza. «Col mormorare, dice il Crisostomo, voi divorate vostro fratello, fate profonde morsicature al prossimo. S. Paolo scriveva queste terribili frasi: «Se vi mordete e vi divorate gli uni gli altri, badate che non vi distruggiate reciprocamente (Gal. V, 12).

Voi non avete, no, dato di morso coi denti nelle carni del vostro fratello, ma avete traforato la sua anima, sparso su di lui funesti sospetti e attirato sopra di voi e sopra parecchi altri, innumerevoli mali (Hom. III)». S. Bernardo dice: «Ogni malèdico svela se stesso mostrando che il suo cuore è vuoto di carità. Poi a che altro mira nel detrarre, se non a rendere spregiato o odioso colui di cui sparla, presso quelli che prende a confidenti delle mormorazioni? (Serm. XXIV in Cant.)».

Ma udite come parla del maldicente il Signore medesimo nell’Ecclesiastico: «Il sussurrone macchia l’anima sua e sarà odiato da tutti» (XXI, 31). Se voi soffiate sopra un carbone, esso si accenderà e diventerà bragia; ma se vi sputate sopra, si spegnerà; ora l’una e l’altra cosa sono l’opera della bocca. La lingua a tre punte ha rovinato molte persone e le ha fatte raminghe fra i popoli. Ha atterrato floride città e forti castelli, ha spesso rovinato la casa dei grandi. Ha distrutto le virtù d’intere nazioni, ha prostrato genti bellicosissime. La lingua a tre tagli ha fatto bandire dalla casa donne di carattere virile e le ha private del frutto dei loro lavori.

Chi le dà retta, non godrà pace e non avrà un amico su cui riposare. Il colpo di una sferzata produce una lividura, ma un colpo di lingua rompe le ossa. Molti caddero sotto il taglio della spada, ma il loro numero è di gran lunga inferiore a quello di coloro che perirono per il taglio della loro lingua: Felice chi è al sicuro dalla lingua perfida, che non n’ebbe mai a provare la collera né portare il giogo, che non fu stretto dai suoi ceppi; perché questo giogo è un giogo di ferro, questi ceppi sono ceppi di rame. La morte ch’essa dà è morte terribile ed è da desiderare il sepolcro anziché provarla (Eccli. XXVIII, 14-25).

La Scrittura paragona la lingua mormoratrice ad una spada, ad una sferza, ad una lingua di serpente e di vipera, al fuoco, al leone, al leopardo, alla morte, all’inferno, per indicare quanto sia pericolosa, quante stragi meni, e come sia necessario il guardarsene, temerla e detestarla: dice che di rame sono le catene e di ferro il giogo, perché intendiamo che è cosa crudele, insopportabile, dura, infrangibile, mortale.

«I maldicenti, dice Geremia, hanno teso la loro lingua come arco per lanciare menzogne; sono divenuti formidabili su la terra, perché vanno di male in male e non vollero conoscere il Signore. Stia ognuno in guardia contro il suo vicino e non si fidi di suo fratello, perché ne troverà che lo soppianteranno…




La loro lingua è saetta che impiaga: parlano per ingannare; hanno nella bocca parole di pace con gi amici, mentre con la mano loro tendono di soppiatto il laccio (Ierem. IX, 3-4, 8).

Questi tratti del profeta ci dicono:

1° Che la lingua ci è stata data per Iddio, cioè perché sia un arco posto a servigio della verità e della benedizione; e il mormoratore l’adopera per la menzogna e la maledizione…

2° I detrattori sono formidabili, perché si tirano dietro la folla che li segue e l’applaude o per timore, o per debolezza, o per rispetto umano…

3° Vanno di male in male, da una maldicenza all’altra, da una mormorazione ad una calunnia, ecc…

4° Non conoscono più il Signore, non se ne danno più pensiero…

5° Studiano a danneggiare coloro che li avvicinano…

6° In presenza vostra si infingono vostri amici e vi lodano: in vostra assenza vi si volgono contro e vi lacerano…

7° Assalgono le persone d’indole mite, di carattere dolce e puro, le canzonano, le sbeffeggiano, le malmenano…

8° Di tutto s’informano, tutto spiano: in tutto mettono mano e bocca, di tutto vogliono sentenziare per mettere in mala mostra, biasimare, vituperare, diffamare, vendicarsi, sbranare, distruggere…

9° Sono maestri matricolati di finzioni, di raggiri, di soperchierie, di ipocrisie, di menzogne, d’ingiustizia, e non rifuggono dal profittare di ogni vizio, per abbindolare la loro vittima, colpirla, sterminarla.

La lingua malèdica non trova mai nulla di bene. Siete povero?

vi rende vile, abietto, dispregevole…

Siete ricco?

Vi accusa di avarizia, di cupidigia, di ambizione…

Vi mostrate affabile, manieroso, servizievole?

vi mette in sospetto d’ipocrita, di licenzioso, di traditore…

Avete ingegno? siete un orgoglioso, un vanerello…

State in silenzio? siete un ingrognato, un inutilaccio…

Parlate?

vi dà patente di blaterane, noioso, stucchevole…

Digiunate? vi mortificate?

vi chiama bacchettone, baciapile…

Mangiate e bevete?

vi battezza col nome di ghiottone, buontempone, bevitore, ecc…

La sacra Scrittura dà alla lingua del detrattore il nome di dente e a ragione; perché una tal lingua rompe e mette a brani la riputazione del prossimo, come i denti spezzano e maciullano il pane.

Fonte: moralecattolica

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