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La storia incredibile di Bruno Cornacchiola, il veggente delle Tre Fontane a Roma. Voleva uccidere il Papa

Nel libro Il Veggente. Il segreto delle Tre Fontane, l’autore Saverio Gaeta introduce il lettore alla conoscenza del segreto, o meglio, dei segreti che la Madonna rivelò al tranviere Bruno Cornacchiola dal 12 aprile 1947 al 22 giugno 2001, giorno della sua morte. Ho avuto l’interessante volume del Gaeta dalla fraterna cortesia del carissimo p. Piergiorgio Vitelli, già Ministro della Provincia romana dei Frati Minori Conventuali e attuale Rettore del Santuario della Madonna della Rivelazione alle Tre fontane di Roma, sulla Via Laurentina, dove Bruno Cornacchiola e i suoi tre figli, Isola di 11 anni, Carlo di 7, Gianfranco di 4 anni, il 12 aprile 1947 videro la Vergine della Rivelazione.

Il 9 luglio 1965 Pio XII consentì il culto pubblico nella grotta della Vergine della Rivelazione (nella foto), affidando ai Minori Conventuali la cura del santuario, teatro delle apparizioni ai quattro veggenti; ma l’amicizia e il sostegno morale dei Conventuali al Cornacchiola iniziano quasi all’indomani della prima manifestazione.
La Cronaca del collegio serafico, allora in via di San Teodoro al Palatino, il 19 giugno 1947 registra la visita di alcuni chierici studenti della Facoltà, alla grotta delle Tre Fontane, dove incontrano la bimba di 11 anni che aveva visto la Madonna; il giorno dopo (20 giugno) p. Gaetano Stano, personaggio di primo piano nella storia dell’Ordine, si reca in casa dei Cornacchiola; grande risalto il cronista dà all’imponente processione del 5 ottobre 1947, che accompagnò la statua della Madonna della Rivelazione da piazza San Pietro alle Tre Fontane. I rapporti dell’Ordine con ilveggente continueranno fino alla sua morte, avvenuta nel 2001.
Chi era Bruno Cornacchiola? Nella risposta, utilizzerò per lo più l’ottimo libro di Saverio Gaeta, che si serve di appunti autobiografici di Cornacchiola. Il quale nasce a Roma il 9 maggio 1913 da poveri genitori, cattolici non praticanti. Al battesimo il parroco di Santa Elena dovette faticare non poco con il padre, Antonio, che voleva imporre al figlio, non Bruno ma «Giordano Bruno, come quello che voi preti avete bruciato vivo a Campo de’ Fiori».
Bruno ricevette la prima Comunione e la cresima in circostanze piuttosto curiose. Era scappato da casa. In una gelida mattinata del gennaio 1927, mentre presso la Scala Santa dorme all’addiaccio coperto da un cumulo di giornali, è svegliato da una pia signora, che gli chiede fra l’altro, se avesse fatto la comunione e se sua madre facesse la comunione. Risponde: «Mamma delle volte ce fa la pastasciutta, er minestrone…, ma ’sto pranzo non ce l’ha cucinato mai!». Istruito da un padre passionista, il 7 marzo 1927 riceve la prima comunione e la cresima, padrino il segretario del vescovo cresimante, non avendo un accompagnatore. La miseria, che lo costringeva a fare mille mestieri, gli ispirava odio feroce verso la borghesia, responsabile della sua infelicità. Ebbe un vestito decente quando raggiunse Ravenna per il servizio militare, che durò 18 mesi. Al termine, nel settembre 1935 si fidanzò con Iolanda Lo Gatto, sposandola la sera del 6 marzo 1936, ma nella sagrestia della chiesa di Santa Elena perché, se lui voleva il matrimonio in Campidoglio, lei lo voleva in chiesa.
Partì volontario in Spagna nel dicembre 1936, ormai comunista clandestino. Fino al 1938 nell’infuriare della guerra civile si abbandonò a ogni sorta di violenza contro la popolazione, tradendo più volte la moglie. In Spagna un amico protestante tedesco, molto avverso alla Chiesa cattolica e alle sue “fandonie” (confessione, Messa, Eucaristia, Immacolata), riesce a convincerlo che il papa è “la Bestia dell’Apocalisse”, «responsabile dell’ignoranza dei poveri, che procura la miseria alle genti e paga le guerre e rivoluzioni».
Bruno rimane talmente suggestionato che, a Toledo, compra un pugnale, intenzionato a uccidere il papa. Rientrato in Italia nel 1939, fu assunto come manovale dall’azienda autofilotranviaria di Roma, passando a bigliettaio nel 1940.

Frequentando la chiesa battista costringe con modi violenti la moglie a partecipare al culto; ma crescendo nel suo animo il livore contro i preti e la Chiesa cattolica, nel 1945 aderì agli Avventisti del settimo giorno, tra i quali fu direttore della gioventù missionaria del Lazio. Con altri avventisti il 17 marzo 1947 intervenne al dibattito teologico indetto nella sua casa della signora Linda Mancini, spalleggiata dal p. Bonaventura Mariani, dei Frati Minori, docente di Sacra Scrittura all’Antonianum.


Cornacchiola si distinse nel trasformare la disputa in rissa, inveendo contro i preti, che interpretano a modo loro la Bibbia per ingannare la gente; ma al termine del lungo confronto alcune signore gli fecero notare che l’inquietudine interiore traspariva dal suo volto. Gli dissero: «Rivolgiti alla Madonna, lei ti salverà». In realtà Cornacchiola (nella foto, con la famiglia) sentiva di essere già mutato, e lo annotò nel suo diario al 21 febbraio 1947, eppure continuava la sua propaganda anticattolica. Nel fatidico pomeriggio di sabato 12 aprile 1947, presso una squallida grotta alle Tre Fontane, rifugio di coppie irregolari, egli prendeva appunti perché il giorno seguente avrebbe dovuto incitare i giovani «a rifiutare l’Eucaristia che non è presenza reale di Cristo; a rifiutare il papa, che non è infallibile». Traggo queste parole di Cornacchiola dall’intervista da lui concessa nel 1983 al paolino Antonio Ugenti, pubblicata lo stesso anno in Madre di Dio e riportata nel bollettino del Santuario La Vergine della Rivelazione.
Quel giorno alle Tre Fontane Cornacchiola non è solo. Ci sono i suoi tre bambini, che egli, profittando della giornata di sole, voleva condurre a Ostia, ma per un contrattempo ferroviario, ritiene opportuno dirigersi verso le Tre Fontane, dove sostano su un pianoro presso una grotta. Qui Bruno accanto a Gianfranco si prepara per l’indomani, mentre Isola e Carlo giocano al tamburello.
A un certo punto si unisce al gioco anche papà Bruno, ma la palla si perde due volte tra i cespugli. Quando Bruno e il figlio Carlo tornano con la palla, trovano Gianfranco in ginocchio davanti alla grotta, che mormora: “Bella Signora”, la quale si fa vedere anche da Isola e Carlo. Poi è la volta di Bruno, che racconta nell’intervista: «Ad un tratto vedo due mani bianchissime uscire dalla grotta, mi toccano gli occhi e non vedo più. Poi vedo una luce magnifica, splendente, come se il sole fosse entrato dentro la grotta e vedo quella che i miei bambini chiamano “Bella Signora”…, e mi dice; “Io sono quella che sono nella Trinità divina: sono la Vergine della Rivelazione. Tu mi perseguiti. Ora basta. Rientra nell’ovile e obbedisci».




Durante la prodigiosa apparizione, la Madonna aveva indicato a Cornacchiola il modo di trovare il prete giusto, cui riferire i fatti straordinari vissuti; ma prima di rintracciarlo, la sua vita si cambiò in inferno. Sparsasi la voce dell’eccezionale evento, egli divenne oggetto di scherno tra i compagni di lavoro, tra i comunisti, e specialmente tra gli Avventisti. Forti dubbi inoltre lo assalivano sulla realtà di quanto aveva vissuto, incertezze, incubi misti a rabbia, da tentarlo d’autodistruggersi con la famiglia: un calvario che durò sedici giorni. Trovato finalmente il sacerdote voluto dalla Madonna, dopo una settimana di preparazione, i coniugi Cornacchiola si confessarono e sottoscrissero l’abiura al protestantesimo. L’indomani (18 maggio 1947), a Sant’Elena essi partecipano alla Messa, Isola riceve la prima Comunione e la cresima, Gianfranco è battezzato, a Carlo si dà una benedizione, essendo stato battezzato segretamente alla nascita dalla madre.
La Commissione istituita dal Vicariato di Roma per l’interrogatorio ai quattro veggenti, si riunì a metà giugno 1947. Specialmente la risposta del più piccolo, Gianfranco, convinse i giudici della veridicità dell’apparizione. Quando gli fu chiesto se la “Bella Signora” fosse come la statua della Madonna che gli stava di fronte, rispose: «Ma che statua, era de ciccia».
Commovente l’incontro di Cornacchiola con Pio XII per la consegna al papa della Bibbia, che gli era servita per osteggiare i dogmi cattolici, e del pugnale comprato in Spagna per uccidere il pontefice. Avvenne il 9 dicembre 1949 nell’udienza concessa a un gruppo di tranvieri e altri lavoratori. Alla consegna dell’arma il papa disse: «Mio caro figlio, non avresti fatto altro che un martire di più e un papa di più alla Chiesa!».
La conversione di Cornacchiola fu sincera, totale, costante. Si recò ovunque fosse chiamato, incurante del disagio che comportano i viaggi, per recare il messaggio della Madonna della Rivelazione che, come a Lourdes e a Fatima, esorta tutti: sacerdoti, religiosi, laici, alla conversione, alla penitenza, alla preghiera incessante per i peccatori.
Nell’ultima pagina di copertina del suo libro, Saverio Gaeta sintetizza le sciagure degli ultimi tempi previste da Cornacchiola: da Superga all’assassinio di Moro, all’attentato a Giovanni Paolo II, a Chernobyl, alla caduta delle Torri Gemelle, all’arrivo di un «castigo» che verrà da Oriente. Lo scrittore è cosciente che il suo libro potrebbe innescare «accuse di sensazionalismo e insinuazioni di ‘preconciliarismo’».
Una cosa è certa comunque: la grotta delle Tre Fontane, già ricettacolo d’incontri peccaminosi, dopo l’apparizione a Cornacchiola, si è trasformata in luogo fervido di preghiera, dove la Vergine della Rivelazione opera prodigi di guarigione nel corpo e nello spirito.

di Francesco Costa, OFMConv, docente emerito della Facoltà




Fonte “San Bonaventura informa” 
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