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La Chiesa ama l’Europa. E l’Europa attende il Papa

EU_Finanzkrise_120080924173644All’incontro promosso da Ccee e Comece hanno partecipato in 200, fra vescovi e laici, in rappresentanza di una trentina di Paesi. Uno spazio di riflessione sulle “sfide dell’oggi alla luce della fede in Cristo”. Prossimi appuntamenti: l’assemblea Ccee a Roma a inizio ottobre, alla vigilia del Sinodo; la plenaria Comece a metà novembre

C’è grande attesa per il viaggio del Papa a Strasburgo, fissato per il prossimo 25 novembre. Il primo appuntamento pubblico di Bergoglio nel territorio dell’Unione europea non ha per meta un singolo Paese, ma la sede dell’istituzione comunitaria, eletta direttamente dai cittadini, che rappresenta – piaccia o meno – un simbolo dell’integrazione che supera le frontiere. Un’attesa che si avverte accostando i vescovi europei, riuniti a Madrid dal 18 al 21 settembre, per celebrare la seconda edizione delle Giornate sociali cattoliche.

Il tema è volutamente a “maglie larghe” – “La fede cristiana e il futuro dell’Europa” – così che il confronto tra i rappresentanti degli episcopati e un gruppo assortito di laici “impegnati” (associazionismo, volontariato, politica, famiglia, impresa, università, media…) sia il più ampio possibile. Lo conferma il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga e presidente della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea, la quale promuove l’evento assieme al Ccee, Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa), quando afferma che “queste Giornate sociali cattoliche intendono rileggere le sfide dell’oggi alla luce della fede in Cristo”.

E così avviene: per quattro giorni 200 partecipanti di una trentina di Paesi mettono sul tavolo, una dopo l’altra, tali sfide: la crisi economica con le sue pesanti ricadute sociali; le tensioni crescenti nel continente, a cominciare dall’Ucraina, e in altre regioni del mondo, che sempre più spesso sfociano nella tragedia della guerra; i principi essenziali derivanti dalla tradizione e dalla fede messi a dura prova dall’avanzare di secolarizzazione e materialismo; l’invecchiamento progressivo della popolazione, cui non riescono ancora a porre rimedio i flussi migratori, di per sé problematici. E ancora due nodi. Il primo, che ricorre in ogni discorso, è l’indebolimento dell’istituto familiare; il secondo, che si materializza solo con mezze frasi, riguarda la situazione delle comunità cristiane, che sperimentano un esodo progressivo dalle chiese (in qualche caso rapido, in altri più lento e contenuto), pur in presenza di una riscoperta del senso spirituale e del trascendente.

L’Europa è vasta e diversa, più che mai plurale, tanto che qualcuno parla di “Europe”: eppure si percepisce che le sollecitazioni sono comuni, le trasformazioni con cui fare i conti simili, profonde e diffuse. Da Madrid si alza, al contempo, un forte senso di unità: non ci si scoraggia, si alza lo sguardo all’umanità per tratteggiare nuovi profili di speranza. I punti fermi sono il Vangelo (“siamo e vogliamo restare nel cuore di Cristo”) e la Dottrina sociale (“valori stabili ma non statici; i principi si misurano con la storia e generano nuove strade, testimonianze veraci, risposte originali alle attese dell’umanità”). Al centro c’è la persona: da qui occorre sempre ripartire.

Forse anche per questo dalle Giornate di Madrid non emergono delle vere e proprie “conclusioni”: le Giornate sociali sono piuttosto avvertite come una nuova tappa, un passaggio, un altro momento, vivace e partecipato, per rilanciare la promozione umana e l’evangelizzazione in un contesto più che mai mutevole. I due organismi ecclesiali già guardano ai prossimi rispettivi impegni: l’assemblea Ccee a Roma a inizio ottobre, alla vigilia del Sinodo; la plenaria Comece a metà novembre, che avrà come primo e significativo momento il pellegrinaggio a Verdun, per pregare e commemorare le vittime di tutte le guerre a cento anni dal primo conflitto mondiale.

Non a caso: pace e famiglia, ovvero la persona al centro della missione della Chiesa. Lo conferma il cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei e vicepresidente Ccee, che dalla capitale spagnola riflette a voce alta: “La Chiesa ama l’Europa, per questo offre ciò che di più caro e prezioso ha con sé: Gesù Cristo”. Il messaggio di Gesù “illumina la nostra presenza nel continente. Si tratta dello slancio missionario di una ‘Chiesa in uscita’, che Papa Francesco sollecita perché testimoni e annunci la gioia del Vangelo”. Quello stesso Pontefice, finora riflessivo sull’Europa, che sicuramente non farà mancare messaggi di luce al Vecchio continente.

dall’inviato Sir a Madrid, Gianni Borsa

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