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L’11 settembre della libertà di parola

severiL’editore norvegese di Salman Rushdie, William Nygaard, che nel 1989 fu colpito da tre colpi di arma da fuoco in seguito alla pubblicazione dell’opera “I versetti satanici”, ha definito la strage di Parigi “l’11 settembre della libertà di parola”. E nonostante l’affetto e la solidarietà che oggi stringe Charlie Hebdo e la Francia, la libertà d’espressione sembra traballare, appare più fragile.

Quest’ultimo tragico evento non deve stupirci e non avrebbe dovuto trovarci impreparati. Da almeno un decennio assistiamo passivamente a una costante e graduale riduzione della libertà di espressione.

Non possiamo dimenticare l’assassino del regista Theo van Gogh nel settembre 2004. Il suo assassino, in possesso di doppia cittadinanza marocchina e olandese, vestito con una djellaba (un indumento tradizionale arabo) per rimarcare la sua appartenenza culturale, gli sparò otto colpi di pistola e successivamente gli tagliò la gola in pieno centro ad Amsterdam, per eseguire una fatwa legata alla pubblicazione del suo cortometraggio Submission (“Sottomissione”, uno dei possibili modi di tradurre il termine arabo “Islam”). Il ministro olandese della Giustizia in risposta disse: “la sua vita avrebbe potuto essere salvata se l’Olanda avesse avuto leggi più severe sul discorso dell’odio”.

theo van Gogh
Theo van Gogh

Vogliamo vivere in una tirannia del silenzio o vogliamo difendere il diritto di offendere?

Le 12 caricature del profeta Maometto, pubblicate dal giornale danese Jyllands-Posten nel settembre del 2005, furono un altro esempio del livello d’intimidazione e violenza presente sul suolo europeo. Lo scopo del giornale non era offendere i musulmani, ma testare l’effettivo grado di libertà di espressione e di stampa in Danimarca. Alle vignette seguirono furibonde proteste, che sollevarono un’ondata di violenza in tutto il mondo musulmano: attacchi alle ambasciate europee, aggressioni, mobilitazioni di piazza e boicottaggi delle merci occidentali. Ne seguì il ritiro e la censura.

Flemming Rose, il giornalista danese principale responsabile della pubblicazione delle vignette, a causa delle minacce di morte fu costretto a fuggire negli Stati Uniti. Secondo il giornalista, la reazione degli europei, accondiscendente e remissiva, forniva ai terroristi un messaggio incoraggiante: “se alzate il livello delle minacce, se intimidite abbastanza, faremo ciò che volete”.

Oggi, di fronte all’ennesimo massacro al grido di “Allah Akbar” ha dichiarato: 

“La strage di Charlie Hebdo sfida le democrazie nello stile più nauseante. E’ una terribile minaccia per la libertà di parola che è il fondamento della vera democrazia. Gli assassini di Parigi sinceramente credevano che gli esseri umani a Charlie Hebdo meritavano di morire a causa delle loro vignette offensive. Si sentivano giustificati dalla loro interpretazione dell’islam militante. Ma questi tragici eventi hanno anche esposto la nostra ipocrisia, le illusioni e l’evasione che assumiamo per mantenere la pace nel breve termine.”

La strage di Parigi, ancora oggi, mette in luce le divergenze esistenti in Europa: vietare la pubblicazione di tutto ciò che offende l’Islam oppure difendere la libertà di espressione e i valori occidentali. Di fronte alle richieste dei musulmani, l’Europa non può scegliere la strada della rinuncia in nome della cultura, della pazienza, del buonismo e della multiculturalità. Non si tratta di voler difendere il conflitto di civiltà, ma di scontarsi sui valori e, soprattutto, difendere i diritti sanciti dalle Costituzioni europee. In realtà si sta perdendo la coscienza di cosa sia l’identità europea e il suo valore. E’ necessario iniziare a riprendere coscienza delle nostre origini greco-giudaico-cristiane e ricordare che l’Europa ha portato al mondo valori assolutamente unici: la dignità dell’essere umano, l’uguaglianza, i diritti umani, la libertà e la democrazia.

Gli europei attraversano una grande crisi: dopo aver dato una definizione di Dio come invenzione umana e della religione come oppio dei popoli, si trovano a vivere un vuoto ideologico e spirituale. A questa situazione abbiamo reazioni diverse: gli idealisti si rifugiano nel futuro, altri in un razionalismo svuotato da ogni valore etico e spirituale, alcuni in una libertà assoluta e auto-distruttrice, tanti, infine, vivono nel materialismo pratico. “Ci troviamo di fronte a una razionalità svuotata dallo spirito (ragione senza fede) in Occidente, ed a una razionalità diventata violenza (fede senza ragione) nell’Islam”.[1] Due tentazioni opposte e parallele.

Abbiamo paura. Una dittatura si dissolve rapidamente quando dissipa la paura tra i suoi cittadini. Le dittature esistono perché le persone interiorizzano i limiti che le autorità impongono sulla società. (di Severis)

“La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. Non c’era nessuno.”

La forza di amare

Martin Luther King Jr., pastore, politico (1929 – 1968)

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[1] Citazione di Papa Benedetto XVI, nella sua lezione magistrale, all’Università di Rogensburg, il 12 Settembre 2006.

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