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Rita Sberna intervista Mons. Giovanni D’Ercole: ‘Speranza, Papa Francesco e Medjugorje’

giovanni-dercole-675x250TESTIMONIANZE DI FEDE – Mons. Giovanni D’Ercole è stato nominato da Papa Francesco, Vescovo di Ascoli Piceno lo scorso 12 aprile 2014. E’ da molti anni che il suo volto è noto in televisione, proprio perché conduce un bellissimo programma di spiritualità in Rai, dal titolo “Sulla via di damasco” di cui ne è anche l’autore. Collabora anche con Radio Maria, nella stessa rubrica di Don Davide Banzato.
Mons. D’Ercole è stato coinvolto in prima persona, nelle vicende del terremoto in Abruzzo del 2009, infatti ha anche scritto un libro inerente all’accaduto, dal titolo “Nulla andrà perduto”.

Fra le varie domande, abbiamo chiesto a Sua Eccellenza di ricordare la figura straordinaria di San Giovanni Paolo II, di cosa pensi dell’apostolato di Papa Francesco e quale sia la posizione della Chiesa rispetto alle apparizioni a Medjugorje.

Lei viene ordinato sacerdote il 5 ottobre del 1974. Qualche anno dopo nel 1976, va in missione in Costa D’Avorio. Che ricordi ha di quell’esperienza?

Sono ancora oggi dei ricordi vivissimi, all’inizio è stata un esperienza traumatizzante perché ero giovane, e devo dire che non avevo la vocazione alla missione. Il tutto è nato stando sul posto. Fui mandato in Africa, senza che io l’avessi chiesto, e questo all’inizio mi creò un certo disagio interiore, invece poi scoprii che fu un grande dono di Dio perché lì sono rinato ad un nuovo modo di vivere la fede; la fede non è l’appagamento di un proprio sogno ma la risposta ai bisogni degli altri, lasciandosi guidare dalla mano di Dio.
Durante la missione, sono stato testimone di autentici miracoli, come tante conversioni e battesimi. Ho toccato con mano che essere sacerdote è una cosa straordinaria. La missione non è soltanto in Africa ma la si può continuare dappertutto.

Nel 1987 l’ormai San Giovanni Paolo II, lo ha nominato Vice Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Se dovesse descrivere  l’umanità di Giovanni Paolo II cosa direbbe?

Giovanni Paolo II per me è stato un maestro di vita, un padre ed un testimone. Karolo Wojtyla innanzitutto era un vero credente, aveva fatto di Gesù Cristo il senso totale della sua vita, la ragione profonda della sua esistenza era quella di vivere con Gesù e per Gesù, facendolo conoscere ed amare da tutti.

Questo è stato il coraggio che ha avuto, che lo ha condotto a spendersi fino in fondo, non risparmiando mai le sue forze, fino all’ultimo istante. E’ stato un grande esempio; l’esempio del vero missionario che non ha paura di affrontare le difficoltà e non si lascia intimorire dalle minacce e che è pronto a dare la sua vita ma allo stesso tempo a rimanere fedele a Gesù Cristo.
Giovanni Paolo II è un grande dono per la chiesa e per chi ha avuto modo di conoscerlo è stato un grande maestro, è un grande testimone che resterà nella storia come colui che ha impresso alla chiesa un cammino veloce per affrontare le sfide della nostra epoca moderna.

A pochi mesi dal terremoto in Abruzzo, Papa Benedetto XVI lo nominò Vescovo dell’Aquila. Lei ha scritto un libro riguardo a questo, dal titolo “Nulla andrà perduto”. Cos’è che non andrà perduto?

Non deve mai venir meno la speranza, perché di tutto ciò che avviene sia in positivo che in negativo, nulla va perso e tutto rientra in un piano straordinario di Dio. Anche il terremoto e tutto quello che noi consideriamo come sventure grandi, alla fine all’interno di un progetto divino, diventano strumenti per qualcosa di straordinario.

In questo libro, attraverso tanti episodi della mia vita, racconto che anche nei momenti più brutti, quando sembra che tutto crolla è proprio in quel momento che si sta costruendo qualcosa di nuovo e di straordinario.

E’ come quando un bambino che sta nascendo, soffre, grida e piange ma si sta aprendo alla vita e così è la nostra storia. Non bisogna mai perdersi d’animo, bisogna saper resistere nelle difficoltà, guardando avanti ed avendo sempre la certezza che nulla nella nostra vita va perduto.

Se un cristiano scopre l’importanza e la dolcezza dell’amore, allora capisce che anche la sofferenza è qualcosa che ti fa maturare e che ti fa sperimentare la gioia più profonda che è un dono straordinario di Dio.

Come dice Papa Francesco, è importante per un cristiano non perdere mai la speranza?

Certamente perché perdere la speranza, sarebbe l’atto meno generoso che si possa fare. Se non si ha speranza vuol dire che non si crede alla potenza dell’amore di Dio e si vuol gestire la propria vita secondo un criterio puramente umano. Invece avere speranza, vuol dire affidarsi nelle mani di Dio e sapere che in fondo noi siamo accompagnati da Lui.

C’è un racconto straordinario di un anonimo brasiliano, che parla di quell’uomo che camminava nel deserto ed a un certo punto invece di quattro orme ne ha visto solo due e si rivolge a Gesù dicendogli : “Signore, come mai in quel momento mi hai abbandonato? Erano i momenti più difficili” e Gesù gli risponde “In quei momenti più difficili c’erano solo due orme perché ti avevo preso in braccio e ti ho accompagnato”.
Così è la nostra esistenza.

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Qual è il dono e l’insegnamento più grande che Papa Francesco attraverso il suo apostolato, trasmette a voi consacrati e al mondo intero?

Innanzitutto la vicinanza e la prossimità , lui è un Papa che fa sentire la chiesa accanto e vicina ed è padre di tutti quanti. Questa sua attitudine cioè della vicinanza e della prossimità mi sembra indispensabile oggi, per parlare al cuore dell’uomo moderno.
Credo che un altro insegnamento che Papa Francesco sta dando a tutta l’umanità è che prima di giudicare bisogna comprendere. La via dell’amore è quella via che probabilmente arriva molto più lontano. Il mondo di oggi è un mondo forse spaventato che davanti alle difficoltà spesso si arrende e si dispera.

La chiesa cammina accanto all’uomo di oggi e viene invitata da Papa Francesco a non avere paura di sporcarsi le mani perché soltanto sporcandosi le mani, condividendo fino in fondo le sofferenze e i bisogni della gente che la chiesa riesce ad imparare il linguaggio umano ed a trasmettere al linguaggio umano, il linguaggio di Dio che è l’amore.

Lei è consigliere spirituale della comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante. E’ stato più volte presente agli incontri con i gruppi della Regina della Pace al Santuario della Madonna delle lacrime a Siracusa.
Qual è la posizione della chiesa, nei confronti della realtà di Medjugorje?

Come Vescovo mi attengo anche io, a ciò che la Chiesa ha detto per quando riguarda la realtà di Medjugorje. La chiesa fin’ora non si è pronunciata perché finché sono in atto le apparizioni e questi fenomeni straordinari, la Chiesa non può giudicare. Bisogna vedere alla fine cosa si comprenderà da tutto ciò.

L’attitudine della Chiesa è quella di invitare ad una grande prudenza, il che non significa che bisogna dire che tutto è falso e neanche che tutto è vero. Personalmente parlando, ho avuto contatti con persone che a Medjugorje si sono convertite, hanno ritrovato la gioia della fede, il coraggio e la preghiera. Quello che penso e che dico sempre è che non ci dobbiamo preoccupare di capire se le apparizioni a Medjugorje siano vere o no, la certezza sta nel fatto che la Madonna utilizza tanti strumenti per farci capire che lei è accanto a noi, e di conseguenza dobbiamo scoprire la bellezza del messaggio, un messaggio che fondamentalmente è basato sulla preghiera, sulla scoperta della penitenza, sulla fedeltà ai propri doveri di cristiani e tutto questo bisogna accoglierlo, indipendentemente dal fatto che le apparizioni siano riconosciute o meno.
Non è tanto importante il fenomeno straordinario ma la cosa fondamentale è accogliere il messaggio che la Madonna in tanti modi ci rinnova ad una vita cristiana autentica, per dare al mondo la testimonianza dell’ amore e della presenza di Dio.

Mons. D’Ercole: “Auguro a tutti voi di essere sempre generosi , di essere sempre coraggiosi e pieni di gioia perché oggi il volto cristiano della gioia è assai importante, in un mondo in cui tutto diventa polemica e spesso rabbioso. Nei confronti del cristianesimo c’è un attacco, un odio anche incomprensibile e bisogna rispondere a tutto questo con l’arma del sorriso, della gioia, della pace e dell’amore. Per poter fare questo bisogna avere un cuore libero e in pace. Il dono dello Spirito Santo oggi è proprio quello di un animo liberato perché totalmente affidato nelle mani di Dio ed è capace di andare oltre, di trasmettere a tutti questo senso profondo di pace che nasce dalla certezza che Dio guida la storia e guida anche i nostri passi sulla via della giustizia e della pace”.

Intervista di Rita Sberna

 

 

 

 

 

 

 

 

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