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I Santi di oggi – 13 Febbraio Sante Fosca e Maura, martiri

La storia delle martiri Fosca e Maura, secondo gli agiografi, va collocata durante la persecuzione di Decio, nel III secolo. Secondo la narrazione di un’antica «passio», la giovane Fosca, figlia di genitori pagani di Ravenna, a quindici anni confidò alla nutrice Maura il desiderio di divenire cristiana. Insieme si recarono dal sacerdote Ermolao che le educò alla fede e le battezzò. A nulla valsero i tentativi del padre di far recedere la figlia da questo passo.

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Fosca fu denunciata al prefetto Quinziano, ma gli uomini inviati ad arrestarla la trovarono con un angelo e non riuscirono nel loro intento. Quindi Fosca e Maura, presentatesi spontaneamente a Quinziano, vennero processate, crudelmente torturate e infine decapitate il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o, secondo altre versioni, rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (oggi Saqratha). Molti anni più tardi, occupata la regione dagli Arabi, un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell’isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri. (Avv.)

Etimologia: Fosca = scura, bruna, dal latino

Emblema: Palma

La passione di queste due sante racconta che Fosca, nata da una famiglia pagana di Ravenna, quindicenne si sentì spinta a farsi cristiana. Ne parlò con la nutrice Maura ed insieme si recarono dal prete Ermolao che le istruì e le battezzò. A nulla valsero i tentativi del padre Siroi per indurre la figlia a ritornare alla religione dei padri. Fosca fu denunziata al prefetto Quinziano, ma gli sgherri inviati ad arrestarla la trovarono con un angelo e non riuscirono nel loro intento. Quindi Fosca e Maura, presentatesi spontaneamente a Quinziano, vennero processate, crudelmente torturate e infine decapitate il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (od. Saqratha). Molti anni più tardi, occupata la regione da “Derfidi pagani” (gli Arabi), un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell’isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri. La passio non offre elementi cronologici, ma gli agiografi posteriori, ratificati dal Martirologio Romano, ritengono che il martirio sia avvenuto durante la persecuzione deciana, supponendo che il prefetto Quinziano sia lo stesso “consularis provinciae Siciliae” da cui fu martirizzata s. Agata.




Il Lanzoni ritiene tali Atti non anteriori al sec. XIV e privi di ogni attendibilità: essi ricalcano motivi della passio di s. Agata e di quella dei ss. Fermo e Rustico, e non hanno altro scopo che quello di dare un nome ed una storia a delle reliquie di presunti martiri rapite e portate in patria dai naviganti veneziani. Ad ogni modo è assolutamente da escludersi che queste presunte sante possano essere state martirizzate a Ravenna, dove le fonti antiche non conoscono altro martire che Apollinare. Alcune osservazioni su queste conclusioni del Lanzoni: anzitutto detta passio è sicuramente anteriore al sec. XIV: infatti la riportano due codd. del sec. XIII e, più brevemente, uno addirittura del sec. XII. Che le reliquie poi siano venute a Torcello dall’Africa è confermato anche dai due nomi, Fosca e Maura, usati allora in Italia come aggettivi per indicare individui africani: e questo ci assicura una volta di più che le martiri di cui si credette di trovare le reliquie erano anonime in un primo tempo, e quindi sconosciute.
Per quanto riguarda il rapporto con Ravenna, ritengo che esso abbia un’origine semplicemente “architettonica”: la chiesetta di S. Fosca, che costituisce un gruppo unitario con la basilica e col battistero di Torcello, è il più antico monumento veneto che si ispiri così visibilmente al gusto bizantinoravennate (che divenne poi una delle determinanti di quello veneziano) da potere far pensare con grande probabilità ad un suo architetto proveniente dall’Esarcato. La somiglianza (seppure in scala ridotta) di quel monumento col S. Vitale di Ravenna e la comparsa appunto del nome Vitale nella passio come quello di colui che portò sulla laguna i corpi santi non fa che confermare questa ipotesi. Ora, tale chiesetta è appunto del sec. XII, come la più antica copia della passio.






Autore: Giovanni Lucchesi

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