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Hong Kong, nella piazza (democratica) anche tanti cattolici

hongpCON ”OCCUPY CENTRAL” – Fra i manifestanti anche il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, 82 anni. Gli obiettivi della mobilitazione popolare: ottenere il suffragio universale in vista dell’elezione del nuovo presidente, prevista nel 2017 e quindi superare la previsione che i candidati possano essere solo 3, scelti da un comitato pro-Pechino; rilanciare il processo di riforma politica nel territorio.

Il Movimento non violento “Occupy Central”, che da mesi conduce una battaglia per la piena democrazia ad Hong Kong, è sceso in piazza, duramente fronteggiato dalla polizia. Protagonisti gli studenti, che si battono per il suffragio universale e per la riforma politica del loro territorio.

In solidarietà con gli studenti che protestano. Anche il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, 82 anni, ha partecipato, insieme a decine di migliaia di persone, alle manifestazioni di piazza organizzate dal movimento non violento “Occupy Central” davanti al Parlamento. Il presule – che nel luglio scorso aveva marciato per 84 ore per spingere i cittadini a partecipare a un referendum non ufficiale che chiedeva la piena democrazia – ha chiesto a tutti di rimanere uniti, chiedendo la piena democrazia per la popolazione del territorio. L’iniziativa riguarda due obiettivi: la richiesta rivolta al Parlamento cinese di rivedere la decisione presa lo scorso 31 agosto di non concedere il suffragio universale in vista dell’elezione del nuovo presidente, prevista nel 2017 e di prevedere che i candidati fossero solo 3, scelti da un comitato pro-Pechino; il rilancio del processo di riforma politica nel territorio. 

L’inizio della protesta. L’avvio della campagna era previsto per il primo ottobre, ma è stato anticipato in solidarietà con gli studenti che da una settimana sono in sciopero e che si sono scontrati con la polizia davanti alla Civic Square, vicino agli uffici del Governo. Tre di loro sono stati arrestati, insieme ad altre decine di manifestanti, tra i quali i deputati del Partito Democratico Emily Lau e Albert Ho e l’accademico Joseph Cheng, docente di Scienze Politiche della City University. 

La responsabilità della situazione. 
Altri due cattolici hanno sostenuto la protesta della piazza: il politico Martin Lee, cattolico democratico e l’imprenditore Jimmy Lai, quest’ultimo indagato per corruzione per aver sostenuto negli anni il movimento democratico con donazioni. Come responsabile del deterioramento della situazione, viene indicato il governatore di Hong Kong, Leung Chun-ying, che non avrebbe rappresentato al Governo cinese la gravità della crisi in atto e si sarebbe rifiutato di ricevere una delegazione degli studenti. Come riferisce Asia News, Willy Lam, esperto di élites politiche cinesi e docente di Scienze Politiche presso la Chinese University di Hong Kong, ha rilasciato una dichiarazione ad Agi China, nella quale ha affermato: “Occupy Central ha raggiunto l’obiettivo di educare la gente a combattere per i suoi diritti. Una delle cose più importanti è che la maggior parte dei manifestanti è costituita da studenti universitari. Generalmente i giovani non sono interessati alla politica, ma questa volta hanno dimostrato di essere consapevoli della situazione e di voler combattere per i loro diritti”.

La reazione del Governo cinese. In una dichiarazione, il Governo cinese aveva avvertito che non avrebbe tollerato “comportamenti illegali”, ribadendo il sostegno al Governo del territorio, che dal 1997 è una Speciale Regione Amministrativa della Cina, impegnandosi a mantenere una “società diversificata” e incoraggiando i cittadini a “esprimere le loro aspirazioni pacificamente, nel rispetto della legge e in modo razionale, e di rispettare i diversi punti di vista della società”. All’avvertimento, condiviso dal Governatore dell’isola, era seguito da parte della polizia, il lancio di gas lacrimogeni, che non venivano impiegati dal 2005 e sembra l’uso di spray al pepe, di proiettili di gomma e manganelli. Di fronte ad una situazione drammatica – che ha anche comportato l’estensione del numero degli arrestati – la protesta non si è fermata, mentre il governatorato ha deciso il rientro delle truppe antisommossa e l’avvio di nuovi colloqui per la riforma della legge elettorale. di Umberto Sirio per Agensir

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