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Giovedì 31 Marzo – Dalla paura allo stupore alla gioia

In quel tempo, di ritorno da Emmaus, i due discepoli riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Luca 24,35-48. 

Alla fine ci riconosciamo per le cose che abbiamo fatto insieme.
Per i mille ricordi di vita quotidiana.
Per tutte le volte che abbiamo condiviso la cena, mangiato lo stesso pesce.
Perché si riconosce chi si ama non dai pensieri comuni ma dalla vita in comune.

È dalle ferite che portiamo addosso che ci riconosceremo.
È per l’amore che ci riconosceremo.
E l’amore lascia i segni.

Tu mi apri la mente.
Servendomi del pesce.
Tu mi porti la pace.
Entrando e stando a casa mia, tra le mie cose quotidiane.
Tu mi togli la paura con una carezza, con passo verso di me.
Riconosco quella mano.
Riconosco quel passo.
Sono i tuoi.
Sei tu.
Se voglio che tu mi tocchi.
Devo lasciare che le tue ferite mi tocchino.

Siamo testimoni con la bocca piena di pesce.
Gli occhi pieni di te e delle tue ferite.
Le orecchie piene della tua voce.
Ancora.
Ancora.
Il cuore che passa dalla paura allo stupore alla gioia.
Sei qui.
Sei qui.

Di Don Mauro Leonardi

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