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Giorgio Albertazzi, l’ultimo imperatore della scena

Con la morte di Albertazzi si chiude l’epoca dell’attore-mattatore capace di rendere inimitabili personaggi del teatro e protagonisti degli sceneggiati televisivi. Anti divo per eccellenza, non ha mai considerato la vecchiaia un ostacolo per restare sul palcoscenico

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Con la morte di Giorgio Albertazzi si chiude l’epoca del grande attore, del mattatore che, con il suo carisma e le sue capacità interpretative, ha reso inimitabili personaggi teatrali o protagonisti di sceneggiati televisivi. Albertazzi nei recital interpretava le poesie con tale intensità come se le spiegasse, con la sua abilità cesellava versi di poeti come Dante, di cui aveva recitato spesso anche in tv canti dellaDivina Commedia, come per esempio nel 2009 tra le rovine del centro storico de L’Aquila.

Albertazzi aveva incontrato anche il teatro di regia, misurandosi e confrontandosi con registi qualiLuchino Visconti, con il quale aveva debuttato in teatro con Troilo e Cressida di Shakespeare nel 1949, o sperimentando, con l’anticonvenzionale Antonio Latella, un emozionate capitano Achab inMoby Dick, tratto dal romanzo di Melville, o trattando temi scottanti come quello di una donna kamikaze in La casa di Ramallah di Antonio Tarantino (regia di Antonio Calenda) o ricreando con la recitazione e l’ausilio della danza, con la compagnia di Martha Graham, l’arte di Picasso alla ricerca del duende, il genio creativo in cui tanto si riconosceva, in Cercando Picasso diretto da Antonio Calenda.  

La sua unicità, infatti, lo rendeva attore intelligente, pronto a cogliere in ogni situazione il lato da valorizzare, così da ricercare sempre un bello ideale e ricreare la bellezza in ogni forma d’arte, anche a costo di diventare regista di se stesso.  Insieme con la compagna di vita Anna Proclemer, ha interpretato classici come Pirandello, Ibsen, d’Annunzio, Shakespeare. Ha portato in scena per diversi anni Memorie di Adriano della Yourcenar, con la regia di Maurizio Scaparro, uno spettacolo che, dopo aver debuttato alla Villa Adriana di Tivoli nel 1989, ha continuato a essere un suo straordinario successo, fino alla scorsa stagione teatrale al Teatro Franco Parenti di Milano, esattamente un anno fa. Albertazzi esce di scena proprio nell’anniversario dei quattrocento anni della morte di Shakespeare: era stato Amleto nel 1964, diretto da un altro grande toscano, Franco Zeffirelli, presentandolo anche all’Old Vic di Londra, interpretava i sonetti del Bardo in modo toccante, recentemente aveva recitato inIl Mercante di Venezia con Franco Castellano.

Giorgio Albertazzi con Anna Proclemer in "Diario privato"

GLI AMORI DELLA SUA VITA: DA ANNA PROCLEMER A PIA DE’ TOLOMEI

Il teatro era la sua vita e, nonostante i suoi 92 anni (era nato a Fiesole nel 1923), non voleva starne lontano e citava spesso Molière, morto sulla poltrona di scena. Infatti nei suoi monologhi improvvisati, che spesso seguivano i suoi spettacoli, perché voleva sempre intrattenersi con il pubblico, per raccontare qualcosa di sé o regalare qualche sua osservazione aggiuntiva su quanto aveva appena recitato, diceva spesso che considerava la vecchiaia un inevitabile percorso della vita che ti segna il corpo: la sentiva da quando aveva iniziato a trascinare i piedi, invece che a sollevarli, ma non per questo aveva rinunciato ad andare in tournée.




Addirittura due anni fa aveva accettato la sfida di esibirsi con ironia nello show televisivo di RaiunoBallando con le stelle, dove affiancava la sua performance di ballo alla recitazione in modo che anche il grande pubblico televisivo potesse avere l’occasione di ascoltarlo. Un artista completo che spaziava dal teatro, sua grande passione, al cinema, alla televisione con sceneggiati comeSpettri di Ibsen o L’idiota di Dostoevskij o Jekyll tratto dal romanzo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson, con i programmi La prosa del venerdì (1954) eAppuntamento con la novella (1955) in cui leggeva i grandi classici della letteratura, alle recenti lezioni sulla storia del teatro in Italia con il Premio Nobel  Dario Fo, suo coetaneo, con il quale, pur essendo così diversi, aveva trovato un modo di raccontare l’arte scenica al grande pubblico.

Albertazzi sempre elegante, un esteta, spesso riceveva in camerino amici, fan e giornalisti, intrattenendosi con ognuno a lungo, spinto dalla sua curiosità per le persone che lo portava a non risparmiarsi mai e non comportarsi mai da divo, nonostante la sua eccezionalità, per cui spesso giovani attori e vecchi amici facevano la fila per incontrare colui che tutti consideravano il Maestro. E l’amore nella sua vita era sempre stato presente: dal legame con Bianca Maria Toccafondi, al grande sodalizio artistico con Anna Proclemer, con la quale era tornato a recitare nel 2005 in Diario privato, con la regia di Luca Ronconi al Teatro Argentina di Roma e al Piccolo Teatro di Milano. Legato poi ad altre donne del mondo dello spettacolo, decise però di sposare in tarda età, una giovane nobildonna della sua Toscana, Pia de’ Tolomei, dal nome dantesco, donna riservata,  con cui ha condiviso questi anni e che gli è stata accanto con amore e devozione fino all’ultimo.




Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it)

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