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Basta comprare petrolio dall’Isis e vendergli armi!

Intervista con il vescovo Maroun Elias Nimeh Lahham, vicario patriarcale per la Giordania. Il dramma dei profughi che hanno raddoppiato la popolazione del Paese. «L’Europa è centrata su se stessa e vuole applicare i suoi criteri a tutto il mondo. Questo è sbagliatissimo»

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Come fermare l’Isis? Bisogna smettere di comprare il suo petrolio e basso prezzo e smettere di vendergli le armi. Monsignor Maroun Elias Nimeh Lahham, già arcivescovo di Tunisi e oggi vicario patriarcale per la Giordania, è a Rovigo per partecipare a una tavola rotonda sulla misericordia nell’ambito del Festival Biblico. In questo colloquio con Vatican Insider racconta il dramma dei profughi in Giordania, che hanno raddoppiato la popolazione del Paese. E spiega perché sia un fallimento l’idea di «esportare la democrazia». 

Qual è la situazione dei profughi in Giordania?  

«La Giordania, Paese di sei milioni di abitanti, ne accoglie tre di profughi: vuol dire il 50 per cento della sua popolazione. Questo è dovuto prima di tutto alla sua ospitalità, che è un valore della cultura araba e poi al fatto che questi profughi provengono dall’Iraq e dalla Siria cioè da Paesi confinanti. Adesso speriamo che questa situazione non si trasformi come quella dei profughi palestinesi sessant’anni fa, perché la Giordania non può sopportare numeri come questo». 

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Come vivono queste persone? E la Chiesa che cosa fa?  

«Dipende. Per i siriani c’è un collaborazione molto stretta tra il Governo giordano e la Caritas giordana. Una piccola parte dei siriani vive nei campi profughi. Ce ne sono tre, il più importante è quello di Zaatari: a un certo punto erano arrivati a 140 mila ma adesso sono diminuiti perché poco a poco tornano nei loro villaggi che sono stati liberati. E poi vivono nelle città della Giordania, con una situazione mai vissuta prima da noi. Faccio un esempio: Mafraq, una città al nord del paese, ha 50mila abitanti e 70mila profughi siriani. Una trasformazione a tutti i livelli e anche qualche problema. Mentre per gli iracheni bisogna distinguere. La Giordania ha avuto quattro ondate di profughi dall’Iraq: 1991, 1993, 2003 e 2014. L’ultima è quella dopo la caduta di Mosul e della piana di Ninive. Questi sono tutti cristiani, cattolici. E lì quello che ha fatto il governo è stato solo di permettere loro di venire, anche senza passaporti, perché avevano perso tutto. Poi li ha affidati alla Caritas che pensa a tutto: cibo, casa, cure mediche, istruzione. Ultimamente la Conferenza episcopale italiana ha adottato un progetto di scolarizzazione per 1500 ragazzi, con il costo di un milione e mezzo all’anno. La Cei lo ha adottato per due anni. Speriamo che fra due anni i profughi iracheni siano tornati nel loro paese e che la Giordania torni ad avere una vita più normale». 




Redazione Papaboys (Fonte www.lastampa.it)

 

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